La tempesta di Giona- #Pastore Giovanni Di Sano

La tempesta di Giona- #Pastore Giovanni Di Sano

Dio è vivente, reale e vero, non è nella tua testa, non vive della tua immaginazione, ma puoi sperimentarLo, sperimentare davvero la Sua presenza e per essa non dimentichiamo di ringraziarLo.

Ultimamente, ho maturato con mia moglie il desiderio, la decisione, di tornare alla Bibbia cartacea. Molti di noi sono passati dalla Bibbia cartacea, che ci ha accompagnato per tanto tempo, fin dalla nostra conversione, a quella digitale, che è certamente comoda. Ma la Bibbia non è una applicazione sul telefono e forse dovremmo recuperare l’idea che essa è un libro e consultandolo si imparano diverse cose, tra le quali, non ultima, la collocazione dei vari libri.

Prima di presentare il personaggio di cui parleremo, voglio ricordare a noi tutti che le tempeste, nella vita, capitano e alcune di esse sono “tempeste di segnale” che ci fanno sapere se siamo nella volontà di Dio o se ci stiamo allontanando da essa.

Parole come tempesta, temporale, hanno come radice il “tempo” ed in effetti tutto quello che viviamo è sempre e comunque legata ad un tempo, ad una stagione. Ogni volta che vivi una tempesta, Dio ha iniziato un processo che ti porterà verso un nuovo livello e spesso la tempesta arriva perché un nuovo tempo, una nuova stagione si sta aprendo davanti a noi.

Questa mattina voglio parlare della tempesta della disubbidienza. Dobbiamo cogliere i segnali che Dio ci manda per comprendere in che tempo stiamo vivendo. Molti di noi desiderano miracoli, ma i miracoli vanno portati alla luce, vanno provocati. Per provocare il miracolo è necessario che la mia bocca si apra, che io lo dichiari e che io lo porti alla luce accordando le mie parole alla mia fede.

Molto spesso rimaniamo con la bocca chiusa davanti a certe situazioni, ma dobbiamo imparare ad aprire la bocca! Prendiamo insieme il libro di Giona, uno dei così detti profeti minori. Nel suo libro, però, non ci sono riportate profezie, ma è la sua vita che è una profezia. Giona “evangelizza”, ma viene annoverato tra i profeti. Lui non ha problemi ad ascoltare la voce di Dio, non è confuso su quello che Dio gli sta dicendo e spesso noi ci nascondiamo dietro una apparente o presunta confusione. Giona non aveva alcun problema con il proprio ufficio di profeta, non aveva alcun problema con i doni che Dio aveva messo in lui, ma aveva un problema di carattere. Il problema è sempre lavorare sul carattere che sostiene il dono. Abbiamo il carattere per gestire il dono? Quanti di noi, alcune volte, hanno ricevuto una parola profetica per qualcuno, ma non hanno un carattere pronto e maturo per comprendere che una certa parola, in un certo momento, più che edificare, potrebbe distruggere?

Giona 1 ci fa vedere che Dio aveva detto a Giona di andare a Ninive (una città enorme, ci volevano tre giorni di cammino per percorrerla tutta) per predicare “contro” quella città. Il peccato che saliva a Dio da Ninive era davvero un peccato enorme e per questo Dio prende il meglio che aveva in quel momento, il profeta Giona, e lo manda a predicare in quella città.

E la parola dell’Eterno fu rivoltaa Giona, figlio di Amittai, dicendo: 2«Lèvati, va’ a Ninive, la grande città e predica contro di lei, perché la loro malvagità è salita davanti a me». 

Cosa fa Giona? Scappa dalla presenza dell’Eterno. Nonostante avesse ascoltato la voce di Dio, la sua vita prende la direzione opposta alla direzione di Ninive: la direzione opposta a quella che gli aveva detto Dio.

Voglio dirti una cosa: ogni volta che Dio ti dà una direzione, ti mette a disposizione le risorse per ubbidire, mentre Giona “paga il prezzo” di tasca propria per allontanarsi dalla direzione che Dio gli aveva dato.

Giona pensava di potersi allontanare geograficamente dalla presenza di Dio ed era un profeta! Ascolta attentamente, perché forse ci siamo autoassolti dalla disubbidienza, pensando di aver fatto cose pratiche che rientrano nella volontà di Dio e di esserci meritati, per esse, qualcosa, ma il problema di fare la volontà di Dio non è il “fare”, ma il conoscere il carattere di Dio, conoscere Lui e non una volta soltanto! Dio vuole un rapporto genuino su base quotidiana per poterti dire, ogni giorno, quello che devi fare! Spesso prendiamo una nave, paghiamo il prezzo e fuiggiamo.

Al verso 4 leggiamo che l’Eterno scatenò un forte vento sul mare. Ma come? L’Eterno scatena il vento?

Quanti di noi possiamo credere che, a volte, alcune tempeste nella nostra vita scaturiscono direttamente da Dio? Potrai dire che questi sono fatti dell’AT, che con Gesù tutto e diverso ed è vero, ma il fatto è che le tempeste che Dio manda sono per salvarci, non per ucciderci.

Dio avrebbe potuto mandare a Giona un messaggero, avvertendolo dell’errore, ma conoscendo il cuore di Giona, sapendo quello che pensava, Dio agisce diversamente. La tempesta minacciava davvero di sfasciare la nave e questo significa che chi stava a bordo temeva che la nave potesse rompersi in due. Ma cosa c’entravano quei marinai? Forse la disubbidienza di uno può colpire anche quelli che stanno con noi?

I marinai, presi dalla paura di perdere tutto, buttano tutto in mare: nella paura, non danno più valore al carico che avevano. Quando sei nella tempesta, quando sei fuori fuoco da quello che Dio vuole per noi e mettiamo a fuoco solo la paura, perdiamo di vista le cose care che abbiamo attorno.

Cosa faceva, in quel momento, Giona? Era nelle parti più profonde della nave, si era coricato (letteralmente, “accucciato”) e dormiva profondamente (letteralmente, stava in uno stato di incoscienza totale). Giona aveva perso di vista la sua chiamata profetica e ciascuno di noi spesso perde di vista l’eredità che abbiamo e i doni che Dio ci ha dato e restiamo, anche noi, in uno stato di totale incoscienza e “ignoriamo” la tempesta che c’è nella nostra vita. Non dormiamo al sicuro e diciamo “va tutto bene” quando in realtà non sta andando nulla bene. La tempesta tuona sopra di noi, ma la neghiamo.

Il capitano va a cercare Giona e lo esorta a pregare il “suo” Dio: perfino il capitano della nave, che aveva pregato il proprio dio, comincia ad avere rivelazione di chi fosse il Dio di Giona!

Giona non aveva smesso di essere il profeta di Dio nel mezzo della tempesta e neppure io e te, in mezzo ad una tempesta che è venuta a causa delle nostre decisioni, non smettiamo di essere figli di Dio. Dio non se lo dimentica mai chi siamo, ma spesso ce lo dimentichiamo noi e restiamo con la bocca chiusa.

Giona, in questo stato di cose, resta in silenzio, ma come leggiamo al verso 7, Dio muove le sorti per indicare a tutti che era lui la persona a causa della quale era venuta quella tempesta. Dio stava cercando di far capire a Giona che non era completamente fuori dalla Sua volontà e non per castigarlo, ma per riprenderlo!

Forse non è chiaro un punto: forse alcune volte pensiamo di essere nella volontà di Dio, ma è una arresa a Lui in qualche modo parziale. Quando Dio ci dice “ama quella persona” e noi continuiamo a fare resistenza opponendo le tante meritevoli cose che pure facciamo, siamo lontani dalla Sua volontà. Giona aveva un compito, una assegnazione, un proposito che riguardava Ninive e avrebbe certamente potuto predicare nella città in cui si stava dirigendo, ma non era quella l’assegnazione che Dio aveva per lui! Non dobbiamo fuggire dall’assegnazione che Dio ha per noi.

Quando i marinai chiedono a Giona quale fosse il suo “mestiere”, Giona dice delle cose altisonanti, ma omette di dire la cosa più importante, non dice che era un profeta di Dio!

Quante volte abbiamo dato risposte di questo tipo?

Siamo al paradosso: degli uomini che non conoscono Dio, iniziano a riprendere il profeta e gli chiedono cosa avrebbero dovuto fargli per fare calmare il mare.

A quel punto, quando proprio non può più nascondersi, troviamo l’unica profezia di questo libro: gettatemi in mare e il mare si calmerà.

I marinai non vogliono farlo. In qualche maniera hanno timore di gettare in mare uno che aveva detto di essere un profeta di Dio e con tutte le forze cercano di tornare verso la terraferma, ma il mare si ingrossa ulteriormente.

Il profeta di Dio, a causa della disubbidienza, finisce col diventare zavorra (morendo alla propria disubbidienza e ai propri schemi mentali) e a un certo punto viene gettato nel mare in tempesta.

In quello stesso momento, quando Giona decide di morire alla propria disubbidienza, la tempesta si placa istantaneamente.

In quella nave, in quel momento, tutti avevano invocato Dio. Tutti, tranne Giona.

Capitolo 2, dal verso 1. Giona si trova dentro la pancia del grosso pesce. Non era al sicuro come il Geppetto di Pinocchio nella pancia della balena, ma era era scomodo, stretto e in un posto maleodorante. Ci sono voluti tre giorni e tre notti perché, in quella situazione, Giona finalmente apra la bocca e comincia a parlare a Dio.

Rientrare nella volontà di Dio riscatta tutto il tempo che hai speso fuori dalla Sua volontà.

Giona non viene delicatamente depositato dal pesce, ma viene “vomitato”. Quindi abbiamo un profeta che diventa come un cagnolino che si accuccia, poi diventa zavorra e che viene infine vomitato.

Alla fine, Giona, a denti stretti, non volente, inizia a fare ciò che Dio gli aveva chiesto e predica a Ninive.

Da quella predicazione la città vive un cambiamento tale che fa sì che Dio si penta (cambiamento del giudizio in grazia) della distruzione che era stata decisa per Ninive.

Giona predica, ma non era d’accordo con Dio e da questo capiamo che il problema di Giona non è neppure la disubbidienza, ma la rabbia! La disubbidienza non ha a che fare con quelli che non conoscono Dio, proprio perché non lo conoscono, ma con quelli che conoscono Dio!

Capitolo 4, dal verso 1, ci riporta il dispiacere di Giona per la salvezza della città di Ninive. La rabbia di Giona è proprio una rabbia violenta!

Quante volte siamo più interessati a noi stessi che non al fatto che la misericordia di Dio giunga ad altri. Come credenti rischiamo, continuamente, di far finta che Dio la mattina si alzi per pensare a noi, perdendo di vista il fatto che Lui pensa sempre a chi non Lo conosce. Giona si dispiacque e si adirò e rivolge all’Eterno delle parole in cui ammette che, in effetti, non aveva voluto andare a Ninive proprio perché sapeva che Dio l’avrebbe salvata quella città e le persone che ci vivevano! Quante volte abbiamo fatto lo stesso ragionamento? Quante volte abbiamo deciso sulla base di una rabbia simile? Una rabbia che è talmente importante che non gli permette di servire Dio e che, quando se ne deve sbarazzare, preferisce che Dio gli tolga la vita stessa.

Cosa risponde Dio a Giona?

“Ti sembra giusto arrabbiarti così?”. Dio continua a manifestarsi nella propria misericordia.

Questa storia non finisce bene. Giona esce dalla città e spera che i niniviti tornassero indietro e uscissero dalla misericordia di Dio.

Questo continua a parlare con ciascuno di noi, parla al nostro orgoglio, parla a quel “tutto tranne questo” che continuiamo a opporre a Dio.

Giona, fuori dalla città, riceve da Dio la misericordia che si manifesta nella pianta che Dio fa crescere sopra di lui, ma è una misericordia che il profeta ancora non riconosce, perché si rallegra, certamente, ma per quello che aveva ricevuto, non per la provvidenza in sé.

Ecco che Dio, manda il verme e la pianta secca.

Dio cerca ancora di correggere Giona e dopo il sole, ormai senza riparo della pianta, arriva il vento caldo. Giona torna a desiderare la morte e Dio torna a dirGli: “ti sembra giusto adirarti così per la pianta?” e Giona risponde che si, gli sembrava giusto. Ma la risposta di Dio parla al cuore di noi tutti. Questo libro non parla a Ninive, non parla a persone che non conoscono Dio, parla a persone che conoscono Dio e che decidono volontariamente di non fare la Sua volontà.

Il libro di Giona non ha un finale diverso da questo. Finisce con le parole di Dio rivolte a Giona, ma il finale che ciascuno di noi può mettere riguarda la decisione che abbiamo la possibilità di prendere scegliendo di conoscere, ogni giorno, il carattere di Dio! Il finale per te di questo libro lo decidi tu e io desidero che vi sediate e prediate un tempo, un impegno personale con Dio, per chiederGli di conoscere il Suo carattere, il Suo cuore, per essere sensibili ala Sua volontà. Perché quando lo siamo, stiamo cercando prima il Suo Regno e tutte le altre cose ci saranno sopraggiunte. Non dire nel tuo cuore che è passato troppo tempo, ma prendi l’impegno di restare al centro della Sua volontà, di conoscerla ogni giorno. In questo modo, chiesa, cresciamo di livello come un corpo unito.

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