Yom Kippur #Pastore Giovanni Di Sano

Yom Kippur #Pastore Giovanni Di Sano

La cosa più importante che è avvenuta al momento della Creazione è ciò che Dio ha detto, perché una sola parola di Dio crea e una sola Sua parola trasforma la Tua vita. Sei entrato in una stagione della tua vita in cui la Sua voce è determinante per il tuo raccolto e per la tua semina. Per questo, ti invito a pregare ogni giorno non facendo un elenco di bisogni, ma chiedendo a Lui di parlarci, chiedendo di ascoltare di più Colui che ha parole di vita eterna. Parole che sciolgono legami, parole che salvano. Parlaci, Signore! La religione ti insegna a dire “ascoltaci, Signore”, ma Lui ci ascolta sempre, il problema è quanto le nostre orecchie sono sveglie e pronte ad ascoltare la Sua voce! Le nostre orecchie, pronte ad ascoltare quello che Dio vuole dirci quotidianamente, i nostri occhi fissi su di Te, Signore, che sei capo, autore e compitore della nostra fede!

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In Levitico 23, al versetto 2, la Parola ci parla delle feste dell’Eterno e le chiama “sante convocazioni”. Come credenti, non siamo tenuti a festeggiare queste feste, ma è per noi importante comprenderne il significato, cogliere l’insegnamento sui tempi di Dio, per poterli discernere.

Il periodo del capodanno ebraico, il Rosh Ashana, dura due giorni: inizia la domenica sera e termina martedì e da quel momento partono i dieci giorni che giungono alla festa dell’espiazione: YOM KIPPUR.

L’obiettivo di approfondire queste feste è quello di cogliere ciò che Dio ha nascosto all’interno di figure ed ombre e che, come Re e Regine, abbiamo il privilegio di potere investigare.

Da mercoledì sera (dalle 18.00) iniziano i dieci giorni del pentimento, timore (YAMIM NORAIM).

La parola YOM sta per giorno, mentre KIPPUR indica la copertura (il copricapo tradizionale ebreo è la KIPPAH): quindi YOM KIPPUR è letteralmente “giorno della copertura”.

Il senso biblico di “timore” non è paura, ma desiderio di essere simile a Lui, desiderio di fare quello che Lui fa e non fare quello che Lui non fa. Avere timore di Dio significa non giudicare gli altri secondo il tuo metro di misura, ma secondo il Suo!

In questi dieci giorni di timore o espiazione fino allo YOM KIPPUR avveniva che il Sacerdote apriva i tre libri di cui abbiamo già detto e sappiamo che il saluto di quei giorni era “che il tuo nome possa essere scritto nel libro della vita”. Gli ebrei ortodossi hanno elaborato un ragionamento teologico per poter essere scritti nel libro della vita. Una teologia fatta da tre punti:

  1. TESHUVAH (letteralmente “ritorno” alla bontà intrinseca che c’è nell’uomo). Vediamo in questo senso Salmo 51:9-12 e Malachia 3:7. TESHUVAH è dunque una delle azioni che durante i giorni del pentimento gli ebrei devono fare per dare a Dio qualcosa da vedere. Noi spesso diamo agli altri una immagine di questo tipo.
  2. TEFILLAH (preghiere): Deuteronomio 11.13.
  3. TZEDAKAH (giustizia, buone azioni).

    In Esodo 32:30-32 leggiamo le parole di Mosè a proposito dell’espiazione: espiare vuol dire “coprire”. Il popolo si era fatto un Dio d’oro, ma Mosè intercede per il popolo e nel farlo fa riferimento al Libro, da cui offre di essere cancellato. Cancella me, pago io il loro peccato con la mia vita: è questo il libro di cui parliamo e come risponde Dio?

    Dio mette davanti una soluzione e ti dice “scegli”. Tutti vogliamo essere salvati, tutti vogliamo far parte della squadra che vince, tutti abbiamo lecitamente il desiderio di stare con Dio, ma il modo di starci lo decide Lui. Dio vuole essere scelto. Ti piacerebbe essere amato da una persona che è stata programmata per farlo? Dio avrebbe potuto programmarci per amarLo: Deuteronomio 30:19 ci porta una esortazione alla scelta: SCEGLI DUNQUE LA VITA!

    In 16:8-10 leggiamo del momento dell’espiazione che, come abbiamo visto, veniva compiuta con il sacrificio di un capro il cui sangue veniva asperso sul coperchio dell’Arca e con l’allontanamento del capro espiatorio il quale, vivo, veniva presentato davanti all’Eterno (come lo era Gesù nel Getsemani) caricando su di lui tutti i peccati. Il deserto è figura dell’inferno. Gesù, dopo la morte viene mandato all’inferno, strappandone le chiavi a satana e trionfando su di lui, perché non c’era alcun peccato su di Lui.

    Era giusto così? Perché venivano fatti questi sacrifici animali? È giusto farlo ancora oggi? Lo YOM KIPPUR ci ricorda che c’è bisogno di qualcuno che paghi al posto nostro affinché possiamo tornare a Dio. Il rischio per noi credenti è ricevere qualcosa senza comprenderne a pieno il valore e così facendo manchiamo di dare valore a quello che abbiamo ricevuto. Ricevere Gesù nel tuo cuore non è soltanto avere certezza di non andare più all’inferno. Il sacrificio sostitutivo non è stato solo per la salvezza, ma per gustare la vita eterna ora! Ci rendiamo conto di ciò che abbiamo ricevuto in Cristo Gesù?

    Troppo spesso noi giudichiamo dal nostro punto di vista: troppo spesso ci assolviamo da peccati che svalutiamo ed escludiamo Dio che è venuto a portarci vita in abbondanza! Matteo 7:21-23 è chiarissimo in questo senso: FARE LA VOLONTA’ DI DIO è quel che serve per entrare nel Regno di Dio! Le parole di Gesù sembrano parole dure, parole che potrebbero pesare nelle nostre vite. Gli operatori di iniquità sono lavoratori “abusivi” e questo non riguarda solo gli atti malvagi. Se confronto gli atti malvagi degli altri con i miei, magari mi giustifico da solo. Ma Gesù parla di lavoratori abusivi: in greco, iniquo o illegale è “senza legge” o “anti legge”. Chi opera senza la direzione di Dio è, inevitabilmente, un operatore di iniquità. Quindi, se esaminiamo il nostro cuore, non le nostre opere e quello che facciamo, la domanda è: “sto valorizzando il valore del tuo sacrificio per me?”. “Sto realizzando che qualcuno ha pagato al posto mio il danno che avevo arrecato?”. Gesù è stato mandato a pagare non “accanto” a me, ma “al posto mio”. Gesù non ci ha fatto una “cortesia”, ci ha donato la vita e lo YOM KIPPUR, il giorno della copertura, ci vuole insegnare questo. Si trattava, però, di “coprire”, di anno in anno, i peccati e questa festa ci dice che non possiamo stare alla presenza di Dio: ci insegna che non possiamo fare niente, tranne che credere con tutto il nostro cuore che Gesù si è sostituito a noi affinché noi potessimo avere non solo la vita eterna, ma anche affinché noi avessimo il diritto di andare al Padre come figli. Tutte le volte che non andiamo al Padre, stiamo disprezzando quello che Cristo ha fatto per noi!

    Cristo non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, ci ricorda la Parola: si è presentato nel tabernacolo celeste PER NOI. E non è un’offerta fatta “più volte”, come quella del sacerdote che, ogni anno, offriva sacrifici, ma una volta per tutte: un sacrificio che non ha coperto, ma ANNULLATO il nostro peccato. C’è differenza: quando il peccato è annullato non produce più alcuna conseguenza nella tua vita, mentre il peccato coperto continua a produrle. Forse stai pensando che, però, hai difficoltà a non cadere negli errori e nei peccati, ma accordati con quello che Dio ha detto e Lui ha detto che i peccati sono stati ANNULLATI e per questo, se prima eri schiavo, ora sei libero. Libero e non più schiavo dei peccati: prima lo eri, ma ora sei libero e puoi scegliere. Ebrei 10:1-25 ci ricorda che la Legge – essendo essa stessa “ombra” – non può rendere perfetti coloro che si avvicinano a Dio. Al verso 12, leggiamo un PER SEMPRE, riferito al sacrifico di Gesù e al verso 17 scopriamo che c’è un solo peccato che non può essere perdonato: quello non confessato a Dio.

    Oggi abbiamo libertà di entrare alla presenza, ma non tutti entrano: eppure, come ci ricorda il verso 18, non c’è più bisogno di offerta perché vi entriamo per mezzo del sangue di Gesù (verso 19).

    Tito 2:11-14 ci ricorda che la grazia ci insegna a rinunciare all’empietà, alla mancanza di consiglio di Dio, a tutto quello che ti vuole distrarre dal fare ciò che Dio ti ha chiamato a fare. La grazia non è poter fare ogni cosa: la grazia è comprendere in fondo che non potevi pagare tu. La grazia non ha abolito la Legge, l’ha completata.

    Questa festa dell’Eterno ci ricorda di ricordare che solo un nome è scritto nel libro nella vita: il nome che è al di sopra di ogni nome. Non il mio nome, ma quello di Gesù-il mio nome.

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